Storia di Arena
Arroccata su una collina a 496 m. s. m., circa 2500 abitanti stanziati su un territorio di poco più di 35 kmq., è una delle più belle cittadine dell’entroterra vibonese, ricca di natura, di storia e di arte spesso poco conosciuta. L’altezza della posizione offre un suggestivo panorama e un caratteristico centro storico che ha conservato l’identità urbanistica originale. Tutto il centro è un museo di palazzi e modeste casette, casolari abbandonati e viottoli selvaggi segnano gusti e stili di vita diversi. La penuria di spazio edificabile ha dato luogo al primo nucleo attorno al Castello, e ha dato origine ad una serie di costruzioni a volte così minuscole concepite per lo stretto necessario, spesso di una sola stanza dove nel passato si è consumata l’esistenza di intere famiglie. L’abitato, dopo giri di vicoli e scalette, si ferma sul punto più alto, al campanaro, grazioso quartiere di pochi metri dove nel passato vi era una torre di vedetta a controllo del territorio. Caratteristica è Via Giudecca nella parte bassa del paese ove nel medioevo per volere di Federico II si stanziarono gli ebrei introducendo ad Arena l’arte della tintoria e della conceria. Tutto l’abitato è frutto dell’ingegno locale che ha saputo sfidare l’erta rocciosa piegandola alle esigenze degli abitanti. Tortuosi vicoli ed impegnative scalinate rendono interessante la passeggiata turistica. Da tutti i punti si può godere uno spettacolare panorama di inestimabile bellezza che va dallo Stretto di Messina alla Costiera di Paola nelle giornate più limpide si possono scorgere le Eolie in un magico gioco cromatico di azzurro e di verde, di blu, di chiaroscuri dalle mille tonalità. Cittadina di origine remota, porta lo stesso nome di una città dell'Elide, APHNH. Fu municipium romanae e, al tempo delle guerre Puniche, presidio militare col nome di Castrum Arenense. Fu Ruggero I, il Normanno ad assegnare le Terrae Arenarum al suo figlio naturale Ruggero Culchebert, infatti i fondatori si dissero Culchebert o Corchebret de Arenis. Nel territorio di Arena su donazione di Ruggero I a Bruno di Colonia degli Hortenfaust, sorse la Certosa di Serra San Bruno. Il feudo fu posseduto anche dagli Acquaviva di Aragona, dai duchi d’Atri e dai Caracciolo. Fu centro importante di seta e di legname. Riconosciuta Universitas sotto gli Aragonesi ne diresse le sorti di un vasto territorio che andava dallo Ionio al Tirreno e del quale ne fu capoluogo. Apprezzabile il patrimonio architettonico civile ed Ecclesiastico rappresentato dal Castello, dal Palazzo Civico, da palazzi nobiliari e da quattro Chiese di interessante valenze culturale ed artistica. In esse sono conservate pregevoli statue tra cui si segnalano il Cristo Risorto e la Madonna del buon Consiglio. Il cuore della vita cittadina è rappresentato dalla Piazza, unica in tutto il circondario per ampiezza ed eleganza. Dialetto ricco di termini di origine magno-greco-latina, francese, spagnola. Di sconosciuta ma antica origine (a. 1098, sancti Clementis de Arena; a. 1310-11, in Castro Arenarum; a. 1324, petra de arena e Francisco de Arenis; a. 1325, in terra Arenarum; secolo XV, monasterum Sancti Petri de Arenis), probabilmente prese nome da una autorevole famiglia che la tenne in feudo per oltre seicento anni. Aveva sotto la propria giurisdizione i Casali di Acquaro, Brazzaria, Ciano, Dasà, Gerocarne, Limpidi, Migliano, Potamia, Pronia e Simiatone, che costituirono un vasto Stato peraltro sia pure in piccola parte mutilato nel 1497 di alcune terre assegnate in dote a Lancia d’Aragona, sposa di Goffredo Borgia, consanguineo di Papa Alessandro VI. Già capoluogo di un esteso feudo, ha dato i natali a G. N. Conclubet, Ufficiale della resistenza contro la flotta turca ad Otranto (1480); Giuseppe Inglese, poeta e patriota (1823 o 1828 -1911); Salvatore Pagano, Generale e scrittore (1875-1950) e ai basiliani Lorenzo e Pietro, ricordati per le loro virtù. E’ ad Arena che Tommaso Campanella, in fase organizzativa della famosa congiura, dimorò quindici giorni ospite del Marchese. A valle del borgo antico, sovrastato dal poderoso castello normanno, persistono i ruderi del Monastero di San Pietro d’Arena, complesso basiliano di età medievale (1436) dedicato ai Santi Lorenzo e Pietro.
Dal 1206 all’eversione della feudalità
Primo feudatario di una grande casata fu Matteo d’Arena (noto dall’anno 1206), indicato così per la signoria tenuta dalla famiglia Colchebert, Conclubet, Concubet con l’aggiunta di Arena. A Matteo succede il figlio Riccardo. Nel 1268 è signore di Arena, per la prima volta indicata come Contea, il francese Tommaso De Concy. Segue nel 1273, Pietro de l’Isle, e nel 1297 ricompare un altro Arena, Riccardo che è signore del vecchio feudo della famiglia ancora nel 1313. Successore di Riccardo è il figlio Nicola, padre di Giordano, Ciambellano della regina Giovanna, a cui succede il figlio Giacomo. Nicola o Nicolò, figlio di Giacomo, è Conte di Arena dal 1403 al 1456. Sposato almeno quattro volte, una delle mogli è Enrichetta Ruffo, che per matrimonio non consumato, poté poi sposare Antonio Centelles, Marchese di Cotrone. Loise, vita frenetica a fianco di Giovanni d’Angiò, fu il secondo Conte d’Arena, sul quale si mossero accuse non lievi, per cui ebbe la confisca del feudo che venne dato a Ferrante d’Aragona, che lo perse alla calata di Carlo VIII e concesso, nel 1495, ad Antonio de Bayssey, Sire di Langecourt. L’anno dopo, però, Re Federico lo restituiva a Giovanfrancesco Conclubet, figlio unico di Giovan Cola, fratello del Conte Loise. Giovanfrancesco operò talmente bene che lo Stato d’Arena, scomposto per alterne vicende, poté essere ricostituito ed elevato a Marchesato per privilegio di Carlo V del 7 aprile 1536. Dopo la morte del figlio Pierantonio, nel 1544 Arena passa a Giovanfrancesco che nel 1562 vendeva Soreto agli Arduino per 21 mila ducati, e nel 1570 la Baronia di Santa Caterina. Alla sua morte, il 5 gennaio 1582, succede il figlio Carlo, terzo Marchese di Arena. Scipione, quarto Marchese, tenne la signoria dal 1585 al 1635, data della morte, e della successione al figlio Francesco .
Il Castello
Il castello fu edificato in epoca anteriore al 1130 molto probabilmente da Ruggero Culchebert figlio naturale di Ruggero I il Normanno. Quanto rimane oggi è la testimonianza di una forte e solida costruzione fatta a scopo difensivo e di dominio ed espressione del potere dei signori che l’hanno posseduto. Ricco di ori e di oggetti preziosi, arazzi e di quadri, di mobili in noce, abete, faggio; di camere per qualsivoglia uso, abbellito da balconi, logge e finestre con vetrate alla romana e alla napoletane. Dotato di stalle, sellerie, carcere femminile, civile e criminale, di segreterie e di cancellerie. Di una chiesa intitolata a San Giorgio; di scalinate e passaggi segreti, di un ponte e di un immenso cortile con fontane e zampilli che facevano mille giochi d’acqua. Si legge in un apprezzo del 1653:-" posto nel luoco più eminente di detta terra (Arena), ove da esse si gode e si vede tutta l’abitazione de’cittadini … Il castello da lungo e da vicino fa una bellissima vista e prospettiva ed è il più bello, forte e sicuro che vi sia in tutta la detta provincia per stare situato in luogo eminente; può restare in qualsivoglia assalto de’nemici e si può mantenere per molto tempo".
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